Vacanze in Val Rendena, Agosto 1984
E’ l’alba e già siamo in cammino. Dalla Val di Genova saliamo la Val di Nardis lungouno stretto sentiero. La giornata si apre luminosa e calda; il panorama che salendo ci si offre, toglie il fiato. Sono passati ormai 20 anni, ma il ricordo di quella giornata ci è ancora caro e vicino; segna l’inizio di una storia umile ma unica che ripercorriamo spesso con la memoria.
Ci avevano detto che sulle creste della Val di Nardis che guardano il Cercen, si potevano ancora trovare tra i sassi, dei piccoli cimeli della Grande Guerra; ciò che i recuperanti del dopoguerra avevano abbandonato perché senza valore. Non avevamo ancora idea di cosa potessimo scoprire, ma era il giusto pretesto per conoscere nuovi sentieri di montagna. Cercammo divertiti e sorpresi e la speranza di trovare qualcosa non fu disattesa: pochi ma significativi furono gli oggetti che portammo a casa: una monetina austriaca, il fondo di una candela ed una cucchiaio.
Scoprimmo così, quasi per gioco, una passione: nata dal piacere di salire le nostre bellissime montagne divenne desiderio di scoperta degli eventi bellici, ahimè poco conosciuti, che vi si svolsero durante la Prima Guerra Mondiale. Fu anche motivo di unione della nostra famiglia: tutti i fine settimana padre e figli assieme, andavamo alla ricerca di reperti e durante la settimana con passione studiavamo e ripulivamo cosa avevamo trovato, con sempre maggior coinvolgimento; anche durante il sonno sognavamo straordinari ritrovamenti…. Scoprimmo l’ingegno che fu prodigato nella Grande Guerra per costruire il materiale bellico e la cura di molti particolari nell’equipaggiamento dei soldati.
Mete del nostro peregrinare furono le montagne trentine dell’Adamello e l’altopiano di Asiago: dalle postazioni di retrovia in fondo valle dove cercavamo i depositi e le partenze delle teleferiche, alle postazioni a ridosso della prima linea con baraccamenti e piazzole per l’artiglieria, fino alla cruda trincea e al territorio che difendeva, battuto dalla violenza dei bombardamenti e dallo scontro disperato tra uomo e uomo.
Le uscite in montagna per recuperare oggetti della Grande Guerra furono da allora costanti, documentate e metodiche. La passione ed il desiderio di scoprire ed approfondire la storia della Grande Guerra ci portò anche a conoscere molte altre persone appassionate come noi, per carpirne l’esperienza ed il metodo nelle ricerche. Qui è doveroso ricordare il nostro grande amico Mauro Ciaghi, ineguagliabile nell’esperienza e nella conoscenza delle montagne trentine.
A volte ci fermavamo a dormire in montagna, quando l’itinerario era particolarmente impegnativo; non prenotavamo camere d’albergo, ma sfruttando ciò che la montagna offriva, ci si “accomodava” in qualche galleria delle Grande Guerra. Ripulita e riassettata, ritornava ad essere riparo per la notte. A 2000 metri la notte è fresca anche d’estate e ricordiamo con particolare piacere quando ci scaldammo la cena in una vecchia stufa da campo austriaca che trovammo giusto all’imboccatura della galleria.
Imparammo la storia di eventi tristi e sanguinosi, raccontata dai sassi e dalla terra che con passione e tenacia setacciammo. Quasi mai per sentieri comodi e battuti, preferivamo invece perderci nei boschi, cresciuti sulle prime linee della Grande Guerra. L’occhio si fece pian piano osservatore e dove apparentemente la natura aveva ricoperto tutto, ritrovavamo il piano di un baraccamento, la trincea o la postazione di un cannone dove cercare i resti abbandonati o violentemente sepolti.
Il passo successivo fu sicuramente il più suggestivo: le foto ed i filmati dell’epoca e la lettura di diari di guerra ci avevano così coinvolto che a volte durante le nostre ricerche ci fermavamo a guardarci attorno per immaginarci come potevano presentarsi quei posti 90 anni prima. Vedevamo i militari seduti vicino a noi su quello stesso sasso, come noi stanchi e fermi a riposare e parlare a bassa voce.
Ne avvertivamo la presenza ed il calore umano, la stanchezza, la malinconia e silenzio. Raramente il dolore della morte, ma soprattutto segni di vita passata; trovare un effetto personale come una posata incisa con le proprie iniziali oppure un semplice bottone ci raccontava qualcosa del loro proprietario che ad esso non era sopravvissuto. Ci si apriva ogni volta una porta sul passato, una via privilegiata per ricordare e rivivere il sacrificio di persone come noi, senza nome, anonime, ma che avevano vissuto.
Gli oggetti recuperati divennero un giorno troppi per la nostra casa: rischiavano nuovamente l’oblio. Era giunto il momento di trovare una migliore e degna collocazione: il richiamo alla storia ci fece volgere lo sguardo al forte di Rivoli Veronese. Questa proposta fu subito accolta con entusiasmo dall’allora sindaco Armando Luchesa e fu così varato il progetto per un museo stabile.
Il bottino di quel giorno d’agosto assieme a molto altro materiale raccolto negli anni che seguirono, è quindi oggi esposto nei locali del forte Wohlgemuth di Rivoli Veronese.
Il ritrovamento della ruota in Val di Genova - Settembre 1996
Nel 1996 ritrovammo il volano del motore di una teleferica austriaca, nei boschi della Val di Genova. Con l’aiuto di Don Rinaldo, parroco di Strembo, organizzammo il recupero. A memoria della Grande Guerra, la ruota è rimasta in Val di Genova in località Ragada, vicino alla chiesetta.
La ruota (in realtà si tratta del volano del motore di una teleferica austriaca), è in ghisa e alta circa 1 metro. Il ritrovamento non fu casuale, perché eravamo proprio alla ricerca di questa partenza. Ritornammo altre tre volte prima di organizzare il recupero: ci serviva una numerosa squadra di persone per riuscire a sollevarla e portarla a valle. Il parroco di Strembo ci diede una mano a trovare le “braccia” (in particolare ringraziamo la famiglia Botteri). Di seguito ci sono le foto che testimoniano “l’impresa”.
Dedicato ai sinceri ed appassionati conoscitori della Val di Genova: ho trovato una bellissima descrizione della valle su una Guida del Trentino del 1902. L’ho ricopiata integralmente: ignara degli eventi bellici che l’avrebbero segnata negli anni successivi, ne traccia uno spettacolare profilo. Di questa mancanza non sono giustificate tutte le altre guide turistiche che sono seguite, soprattutto le odierne, che raccontano ai turisti le bellezze naturali e “dimenticano” la storia di coloro che questa valle l’hanno vissuta veramente, nel bene e nel male.
Uno degli oggetti più preziosi da trovare, era la fibbia in ottone dei Kaiserjager austriaci. Da indossare rigorosamente ad ogni uscita in montagna.
Questa è la fibbia di Walter, trovata nella zona dell’Adamello.
Era un oggetto ambito anche per gli stessi soldati italiani…
Sui ghiaioni dello Zugna, sopra Rovereto, alcuni anni fa trovammo confusi tra altri bossoli, anche questo bossolo del ’91 italiano. Ne era stata stranamente tagliata la base. Al suo interno trovammo un mozzicone di sigaro….